In questi giorni si sta festeggiando un grande compleanno: i 20 annni dell’open source.
Prima che venisse coniato il termine open-source, grazie al contributo di Richard Stallman già si parlava di “free software”; dopo aver scritto una licenza ad-hoc di cui spesso sentiamo parlare, la GPL (General Public License), ed aver fondato la Free Software Foundation ha fondamentalmente creato le basi per il passo successivo.
Passo che è avvenuto il 3 Febbraio del 1998, quando i membri iniziali della Open Source Initiative hanno creato il termine “open source” e pubblicato, qualche giorno dopo, la Open Source Definition.
La differenza sostanziale tra i due movimenti è data dal fatto che il Free Software garantisce, tramite l’applicazione di una licenza, che il software in questione e tutte le successive modifiche rimangano legate alla licenza originale, mantenendo l’accesso al codice anche di esso. Nel caso dell’OpenSource, invece, la situazione è più rilassata e si va ad identificare che il codice sorgente di un particolare prodotto è aperto e disponibile a chiunque. Nulla vieta di prenderlo, adattarlo e ridistribuirlo senza rilasciare queste modifiche (cosa che spesso viene fatta da grandi aziende che insieriscono software OpenSource in apparati hardware, ad esempio).
In ogni caso il più delle volte i termini vengono interscambiati: c’è un software, il codice ne è disponibile.
Questa elasticità maggiore ha fatto si che lo stesso Torvalds iniziò ad abbracciare il termine OpenSource nel momento in cui rilascio il suo famoso sistema operativo Linux, e da li in poi il lavoro della Linux Foundation si strutturò intorno al concetto stessi di OpenSource.
Negli anni il termine OpenSource è stato esteso ad abbracciare anche altre categorie, come l’hardware, creando di base un movimento open che ad oggi muove gran parte della rete.
Utilizzando il termine OpenSource parlando di sistemi operativi, dunque, non solo abbiamo sul tavolo sistemi quali GNU/Linux, ma un intero ventaglio di altri OS sono disponibili, basti pensare ai vari BSD, quali FreeBSD e OpenBSD, giusto per citarne i più famosi.
Come anticipavamo negli anni abbiamo iniziato ad avere anche OpenSource hardware, ovvero componenti fisici che non solo -in genere- sono ottimizzati per l’esecuzione di software ed OS OpenSource, ma di cui spesso i dettagli realizzativi (schemi elettrici e di costruzione) vengono anch’essi rilasciati pubblicamente.
Dal famoso Raspberry Pi, all’Open Compute Project realizzato da Facebook, oramai è possibile avere accesso a tantissima competenza in “formato open”, cosa che può solo aiutare l’evoluzione dei sistemi e di cui noi, come è facile immaginare, siamo molto entusiasti.
E quindi: buon compleanno OpenSource!
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