Si torna a parlare di Meltdown e Spectre che nelle ultime settimane hanno travolto il mondo dell’IT e dai quali quasi nessuno è riuscito a salvarsi.
Le maggiori distro Linux hanno già rilasciato una serie di patch per arginare il problema ma, come c’era da aspettarsi, le performance del sistemano calano non indifferentemente.
Questo discorso si applica poco alle workstation mentre lato server la situazione è certamente più critica.
Ma di quanto vengono realmente impattate le performance? Dopo i test di Phoronix di cui abbiamo parlato qui (svolti su CentOS, Ubuntu, Debian e Clear Linux) risponde anche RedHat che ha eseguito dei benchmark su RHEL 7/6/5 dopo aver applicato le patch:
- Alto impatto: cache memoria, buffer I/O e carico sui database OLTP impattati del 8-19%;
- Medio impatto: Analytics sui database e macchine virtuali Java subiscono un calo del 3-7%;
- Basso impatto: HPC (High Performance Computing) e carichi di lavoro elevati sulla CPU sono impattati del 2-5%, molti dei job vengono eseguiti nello user space;
- Impatto minimo: le tecnologie che bypassano il kernel in favore dell’accesso diretto allo user space subiscono un impatto inferiore al 2%.
Questi cali di performance valgono sia per le installazioni bare metal che per le applicazioni containerizzate (visto che sono trattate come processi Linux generici) anche se quest’ultime sicuramente sono più impattate a causa della frequenza più elevata di operazioni user-to-kernel.
RedHat ha anche rilasciato una serie di indicazioni sui fix applicati sui propri sistemi per consentire agli utenti un tuning post-patch più rapido.
La situazione resta comunque grave su innumerevoli macchine ed appliance che utilizzano distribuzioni datate e non patchabili, inclusi tutti i vari dispositivi IoT… che comunque non se la sono mai passata particolarmente bene!
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