Quando si parla di Kubernetes a livello enterprise, i nomi che saltano fuori non sono parecchi.
Da OpenShift di Red Hat a Juju di Canonical, passando anche per soluzioni quali Cisco Container Platform o SUSE CaaS Platform, molti dei big dell’informatica sono oramai da tempo saliti sulla “barca Kubernetes“, sfruttando -e pilotando- la direzione che il mondo IT sta prendendo in questi ultimi anni.
Uno dei più famosi fornitori di soluzioni enterprise di Kubernetes è da parecchio tempo CoreOS, che ha iniziato prima fornendo un sistema operativo Linux ottimizzato per l’esecuzione di container (CoreOS, appunto, in seguito rinominato Container Linux) e successivamente una soluzione completa per l’erogazione di cluster Kubernetes chiamata Tectonic, di cui vi abbiamo già parlato in diverse occasioni.
La notizia di qualche giorno fa ha spiazzato tutti: dopo averne discusso parecchio il 30 Gennaio CoreOS ha firmato un accordo per la sua acquisizione da parte di Red Hat. Questo ha lasciato parecchie perplessità, considerando che 2 delle 3 tecnologie di cui CoreOS si faceva forte sono già in qualche modo fornite (e commercializzate con il solito metodo delle subscriptions) dalla stessa Red Hat:
- Tectonic pensato come una soluzione integrata per la gestione di cluster Kubernetes production-ready, è sempre stato considerato diretto concorrente (ed alternativa) della soluzione OpenShift di Red Hat.
- Container Linux: un sistema operativo, come dicevamo, ottimizzato per l’esecuzione di container, e quindi l’ideale come base di installazione della piattaforma Tectonic. Anche in questo caso Red Hat non è scoperta, avendo dalla sua il Red Hat Enterprise Linux Atomic Host, una versione di RHEL con lo stesso scopo di Container Linux e, di fatto, ottima base per l’installazione di OpenShift.
- Quay: è un container registry di livello enterprise. Seppur Red Hat avesse già un registry integrato nella piattaforma OpenShift (chiamato OCR, OpenShift Container Registry), effettivamente un prodotto indipendente mancava dalla parte di Red Hat.
In passato il motivo principale che portava l’azienda dal cappello rosso ad acquisirne altre era prevalente dato dalla necessità di portarsi in casa tecnologie promettenti ma non ancora presenti nel catalogo, andandole ad integrare ed estendere secondo loro necessità per poi fornire competenza (tramite le certificazioni) e supporto (subscription) ai propri clienti, andando nel frattempo a rilasciare, dove necessario, in open source anche eventuale codice proprietario e tirando in piedi vere e proprie community a riguardo.
Questo è quindi il motivo insolito di questa acquisizione: Red Hat ha di fatto acquisito un’azienda che fornisce soluzioni che lei già ha in casa da parecchio tempo. Dalle FAQ sul loro sito sembrerebbe che l’intenzione sia quella di fondere i progetti portando in OpenShift ed in RHEL Atomic Host gli sviluppi effettuati dal team di CoreOS, rendendole soluzioni più solide e maneggevoli, ma il “sapore” che l’acquisizione serva lo scopo di avere un concorrente in meno a cui pensare è molto forte (almeno per quanto ci riguarda), soprattutto considerando che anche CoreOS ha sempre fatto dell’open source un suo punto di forza, cosa che toglierebbe possibili motivazioni etiche da parte di Red Hat.
Al momento, pur senza sapere come le offerte commerciali di CoreOS verranno integrate -o sostituite- dalle equivalenti di Red Hat, viene garantito il pieno supporto agli attuali clienti, così come la collaborazione con gli attuali partner di CoreOS.
Vedremo nei prossimi mesi come si evolverà la situazione: quando due grossi contributor si uniscono per continuare a lavorare su un progetto come Kubernetes, la speranza e che l’unione porti più rapidamente novità che miglioreranno ancora l’ambiente container.
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