Il compito principale dei giornalisti è render conto del potere, sia esso pubblico o di privati; una nuova società no-profit, dedicata all'analisi delle azioni di un colosso dell'informatica è una buona notizia, anche (o soprattutto?) quando il colosso in questione è Google. E con un sito con nome "The Google Transparency Project" e tanto di dominio ".org", in seno a "Campaign for Accountability" (Campagna per le responsabilità), non si può non essere fiduciosi.
Il problema nasce quando quella fiducia sembra tradita da chi porta avanti il progetto stesso: gli amministratori della nuova società no-profit, infatti, si sono dimostrati ben poco trasparenti: alle domande di Fortune, in aprile, per sapere chi avesse finanziato la costituzione della nuova organizzazione, la risposta è stata un "no comment". Cosa molto strana: di solito le società che vogliono rendere trasparenti le altre sono le prime ad esserlo, proprio per mostrare come si fa.
Qualche giorno fa, finalmente, qualcuno ha cominciato ad affermare il suo supporto:
Oracle is absolutely a contributor (one of many) to the Transparency Project. This is important information for the public to know. It is 100 percent public records and accurate.
Oracle è assolutamente un contribuente (uno dei tanti) al Transparency Project. Questa è un'informazione importante per il pubblico da sapere. E' al 100% un atto pubblico e accurato.
Questo stralcio proviene dalla risposta (sempre) a Fortune di Ken Glueck, vice presidente senior di Oracle, una voce più che autorevole.
Quella che sembrava una operazione verità sull'operato di Google, incrinata dalla sua stessa opacità, comincia a diventare una brutta storia: la rivalità di Oracle e Google infatti è ben nota, con tanto di battaglie legali di mezzo ancora non risolte. E il fatto che l'unico finanziatore conosciuto di un'operazione apertamente anti-Google sia Oracle accende il dubbio che sia un'operazione di Oracle stessa per gettare cattiva luce su un suo rivale.
Operazioni simili si sono viste da parte di Microsoft, che però questa volta nega apertamente di aver contribuito alla società. E forse ci si può fidare: in questo periodo di apertura, sembra preferisca pagare gli utenti per usare i suoi prodotti piuttosto che finanziare una organizzazione così opaca.
Staremo a vedere se "The Google Transparency Project" è solo una - brutta - operazione di marketing (negativo) o una genuina attività d'inchiesta. O se ne nasceranno altri su altre società, come Facebook, Microsoft... Oracle?
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