Oramai spesso ci troviamo non più a gestire uno o due server nel nostro parco macchine. Sempre più spesso abbiamo a che fare con decine (o centinaia) di server Linux, e molti di questi espongono gli stessi servizi per gestire più traffico in parallelo o sopportare problemi di un singolo “nodo”.
Certo, tecnologie come i container ed i relativi orchestrator rendono quasi superfluo dover gestire l’installazione e la configurazione delle applicazioni ma vuoi per il fatto che comunque un minimo di riscrittura del codice per “containerizzare” un’applicazione, o il grosso cambio di visione nella scrittura delle stesse necessario ad adattarle ad un ambiente del genere, fa si che spesso dobbiamo gestire batterie di server (siano essi fisici o virtuali) speculari tra loro.
Da diversi anni ci si sta allontanando dai “meri” script shell che ogni sistemista si costruiva nel tempo, passando a sistemi più standard di Configuration Management, ovvero software che permettono di automatizzare la gestione dei sistemi in linguaggi più o meno complessi; il vantaggio innegabile di questi sistemi, in genere, è che oltre a richiedere praticamente lo stesso effort la modifica su uno host o su 100, permettono facilmente di utilizzare il codice proveniente da un sistema di versionamento, permettendo così di controllare non solo le modifiche, ma anche tutto lo storico di evoluzione dell’infrastruttura.
Gli attori sono tanti in gioco: Puppet, Ansible, Chef, Terraform, etc, ognuno approccia il problema in maniera più o meno univoca e permette di ottenere lo stesso risultato; alcuni hanno una user-base più ampia (data soprattutto dal maggior tempo in cui sono presenti sul mercato), altri più giovani si adattano meglio alle nuove necessità; la scelta è multipla, e con l’adozione sempre più ampia di piattaforme di erogazione in cloud (spesso anche più di un cloud alla volta), questi sistemi diventano fondamentali!
In questi giorni Flexera ha pubblicato i risultati di un sondaggio atto a capire quale di questi sistemi risulta più utilizzato o che, a tendere, guadagnerà il posto di Configuration Manager più diffuso; la novità di quest’anno è che per la prima volta Ansible sorpassa i due più famosi contendenti, Chef e Puppet, staccandoli nella classifica.
Vediamo quindi che non solo il sistema di RedHat ha una diffusione del 41% tra gli intervistati (Puppet e Chef arrivano secondi con il 37%), ma che la previsione dell’utilizzo dello stesso da parte di chi ancora non utilizza un sistema analogo, è del 16%; quest’ultimo valore è simile per i contendenti, ma considerando che il punto di partenza è più avanzato per Ansible, questo gli garantirà di restare in testa alla classifica.
Ancora più interessante è se guardiamo la crescita, in percentuale, confrontata all’anno scorso:
Vediamo come crescita ce n’è stata per tutti, ma è stata estremamente moderata per i due principali sistemi (Puppet con il 3% e Chef con solo l’1%), mentre Ansible ha raggiunto una crescita del 5%, che sicuramente sbianca se la confrontiamo con sistemi “minori” quale Terraform (con un ottimo 11% di utilizzatori in più), ma che sicuramente è estremamente sensibile per un prodotto che, già praticamente in cima alle classifiche, ha meno quel sapore di “novità”.
Personalmente, dopo anni di utilizzo di Puppet, trovo che Ansible abbia un approccio più interessante, e da parecchio sto lavorando su entrambe le piattaforme; ma quello che veramente ci interessa è sapere se e quale sistema utilizzate voi, e quali sono le necessità che vi hanno fatto scegliere uno al posto di un’altro.
Fateci sapere nei commenti, e se volete approfondire il discorso Ansible, un buon punto di partenza sono i diversi articoli passati sulle nostre pagine.
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