Amazon non è solo un enorme mercato digitale, ma ha costruito un'infrastruttura globale enorme con la quale vende anche servizi digitali, a scala... Enorme! Amazon Web Services (AWS) è il prodotto relativo ai servizi digitali venduti dall'azienda di Seattle: macchine virtuali, applicazioni e container. Tanto per citare un esempio, un utilizzatore di questo servizio molto conosciuto è Netflix, ma non è certo l'unico.
La parte specifica per la memorizzazione (e il recupero) dei dati di AWS si chiama Simple Storage Services (S3); non scendo nei dettagli, ma basti sapere che è un sistema potenzialmente globale di memorizzazione, in modo che i dati siano disponibili da qualunque applicazione in qualunque server. E si può comprare anche il solo servizio S3, anche con accesso limitato ad una certa area geografica (che ovviamente costa meno).
Dalle 11.00 circa del 28 febbraio, ora della costa occidentale degli USA (e quindi circa le 20 ora nostra) il servizio S3 ha cominciato ad avere un insolito tasso di errore nel soddisfare le richieste. Andando cioè ad aprire siti basati su questo sistema, c'era un'alta possibilità di non ricevere risposta. Beninteso, il servizio non era completamente fermo, ma questo funzionamento a singhiozzo ha creato un certo allarme.
Altro elemento: quando dicevamo che l'infrastruttura è enorme e globale, stavamo anche dicendo che esistono molti datacenter sparsi nel mondo che offrono il servizio. Problemi del genere possono quindi verificarsi, e questa volta sono sorti (in maniera piuttosto grave) solo nella costa est degli Stati Uniti: forse la locazione particolare, con il (possibile) fatto che molti siti fanno riferimento proprio a quella zona, hanno reso 120 mila domini (con almeno altrettanti siti) irraggiungibili, dando molta eco al fatto. Si stima che l'1% di tutti i siti del mondo siano ospitati da S3, e quindi in qualche modo impattati da questo disservizio.
Già un paio d'ore dopo Amazon stava risolvendo il problema, dichiarandolo del tutto recuperato alle 14:10 (le 23 nostre).
S3 è un ottimo esempio di cloud, nel quale viene venduto il servizio di storage (ovvero memorizzazione e recupero di file), non i dischi in sé o l'accesso ai dischi: il modo in cui Amazon realizzi il servizio non è dato saperlo. E questa cosa potrebbe essere anche buona: lasciare che qualcuno gestisca l'infrastruttura, con tutti i suoi problemi, permette a chi compra solo il servizio di non curarsene, chiedendo solo la stabilità della stessa. I detrattori invece sostengono che viene introdotta una variabile senza controllo, che in taluni ambienti può essere critica, trasformando una comodità in un SPOF (Single Point Of Failure - singolo punto di fallimento), ovvero un elemento critico senza il quale non funziona più nulla. E forse il caso di S3 dà ragione a questi ultimi. Insomma, tanto è bastato per riaprire qualche discussione, al motto di "There is no cloud! It's just someone else's computer." (Il cloud non esiste! È solo il computer di qualcun altro).
Forse discutere farà del bene. E voi, da che parte state?
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