Era Ottobre del 2008 quando Microsoft lanciò Azure, inizialmente fornita come puro sistema PaaS (Platform as a Service), ovvero sistemi per lo sviluppo e l’erogazione di software completamente trasparenti rispetto all’hardware ed al software (OS) che li erogano.
Nel 2012, forse anche grazie alla sempre più diffusione di sistemi concorrenti, quali AWS di Amazon, il servizio Azure si è esteso come IaaS (Infrastructure as a Service), iniziando ad offrire delle macchine virtuali in esecuzione sul loro cloud. In occasione di questa modifica, ai tempi fu -inaspettatamente- aggiunto anche il supporto a Linux, rendendolo di fatto un’alternativa ad altri sistemi cloud.
L’anno scorso Microsoft ha ufficialmente affermato che un terzo delle VM in esecuzione su Azure erano di fatto VM Linux, facendo quindi capire che il successo della piattaforma era sicuramente basato anche sulla possibilità di scegliere il pinguino come OS per i propri servizi.
Il catalogo di distribuzioni disponibili su Azure attualmente è parecchio corposo, includendo sia distribuzioni più comuni (quali CentOS, Debian, openSUSE ed Ubuntu), che ambienti più enterprise (CoreOS, Oracle Linux, Red Hat Enterprise Linux e SUSE Linux Enterprise).
Probabilmente l’ampia scelta sta facendo sì che l’utilizzo del nostro amato OS su piattaforma Azure continui a crescere: qualche giorno fa, infatti, è stato affermato che il 40% delle VM in Azure sono Linux, rendendo ufficiale un aumento di circa il 7% in un solo anno.
Notizia molto interessante, perché l’avere a che fare con una così ampia base di installato porterà sicuramente Microsoft non solo a continuare a tenere in considerazione Linux come OS, ma anche a continuare a migliorare l’offerta e la varietà di distribuzioni disponibili.
A conferma di questo, qualche giorno fa, è stato aggiunto Kali Linux alle immagini utilizzabili su Azure, fornendo quindi anche una soluzione per chi fosse interessato ad utilizzare la piattaforma di Microsoft per fare penetration testing ed analisi della vulnerabilità.
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