Come annunciato dal New York Times nel suo articolo è di oggi la notizia secondo cui il Governo Cinese avrebbe bloccato l'utilizzo di Whatsapp su tutto il territorio nazionale, ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire cosa è successo.
Già da qualche mese la situazione di Whatsapp nell'estremo Oriente non era delle migliori, dal momento che risultava impossibile inviare file all'interno dell'applicazione, ma quello di oggi è stato un risveglio ancor più amaro per i clienti dell'app che risiedono in Cina, poiché al momento non è possibile inviare più nemmeno i semplici messaggi di testo né chiamare tramite l'app.
Ma perché tutto ciò? Le ipotesi che si fanno strada sono sostanzialmente due:
- La Cina vuole favorire lo sviluppo di app interne come WeChat: difatti non sarebbe la prima volta che dei colossi del web made in USA trovano le porte chiuse in Cina. Basti pensare al divieto di utilizzare Twitter, Facebook, Wikipedia, Instagram e molti servizi di Google, tutti prontamente sostituiti da app similari prodotte dalle aziende del Dragone.
- Mancata collaborazione delle aziende Occidentali riguardo la violazione della Privacy degli utenti: la seconda ipotesi (nonché la più probabile) è che il Governo Cinese abbia mal digerito l'utilizzo della crittografia End-to-End implementata da Whatsapp per la sua popolare app di messaggistica.
Difatti più volte l'azienda si è rifiutata di rilasciare delle backdoor all'interno dell'app per permettere ad enti statali (Occidentali e non) di controllare le chat degli utenti.
Questa mancanza di collaborazione sarebbe dunque alla base della scelta tutta cinese di vietare l'utilizzo di Whatsapp in favore di WeChat che non sembra invece farsi troppi scrupoli a violare la Privacy degli utenti inserendo backdoor a favore del Governo, garantendo così un accesso totale sui dati degli utilizzatori del servizio.
Di sicuro una brutta notizia, soprattutto quando ad attuare alcuni atteggiamenti è la seconda potenza mondiale, che ci fa capire quanto ancora ci sia da lavorare per rendere Internet un posto più libero e non il giardino di casa di potenze Statali che impongono censure e controlli sui bit che viaggiano in rete.
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