Google ha presentato negli anni una miriade di progetti, idee, novità offerte per i suoi utenti. Alcune, come Wave, hanno dimostrato subito di essere nate sotto gli auspici sbagliati, tanto da poter essere considerati una meteora nel panorama dei social network.
Altri progetti, sebbene più usati e amati, stanno subendo lo stesso destino venendo chiusi, al pari di rami secchi tagliati: Picasa, Reader, Talk…
Sebbene la pratica in sé sia del tutto giustificata, la frequenza con cui sta capitando sembra in accelerazione. Come notato in un articolo di Ars Techinca, l’elenco di prodotti dismessi (o ridimensionati) dei primi quattro mesi di quest’anno è particolarmente lungo (e importante):
- 15 gennaio: annotazioni nei video Youtube
- 8 febbraio: Google Fiber
- 11 febbrario: Chromecast Audio
- 13 febbraio: Android Things
- 12 marzo: divisione laptop e tablet
- 13 marzo: Google Allo
- 14 marzo: lo studio di realtà virtuale Spotlight Stories
- 30 marzo: l’accorciatore di URL goo.gl
- 31 marzo: il supporto a IFTTT per Gmail
- 2 aprile: Google+ e Inbox
L’articolo (piuttosto lungo) sostiene che la chiusura di così tanti progetti, talvolta nati molto poco tempo fa (per esempio Allo, un programma di messaggistica istantanea, aveva solo due anni) infonde una sensazione di instabilità negli utenti, tanto da rendere inaffidabile Google come fornitore di servizi. E creare un pericoloso effetto contagio: altri servizi (come Gmail, che ha da poco festeggiato 15 anni) potrebbero essere scartati da nuovi utenti (o abbandonati dai vecchi) per paura che Google li possa chiudere senza grosso preavviso.
L’effetto domino si estenderebbe poi ad altri servizi, quelli rivolti agli sviluppatori: chi costruisce app ed usa le API fornite (per esempio, per visualizzare una certa posizione in Google Maps) potrebbe scegliere altri servizi perché non potrebbe più avere la sicurezza, la granitica certezza, che quanto fornito da Google oggi lo sarà anche in futuro.
Questa tendenza risulta ancora più dannosa per progetti di più ampio respiro – e impegno pluriennale. Ricordate Fuchsia? Ecco, in questa situazione potrebbe non vedere mai la luce. E l’unico colpevole sarebbe Google stessa.
Non vogliamo mettere sotto accusa la prolificità di Google, né la voglia di sperimentare e permettere all’utente l’uso di prodotti ancora in beta. Quello che potremmo contestare è l’incertezza che genera.
Personalmente ricordo bene il lancio di Gmail, con una fase beta molto lunga (con iscrizione ad inviti inviati da altri iscritti), che ne rendeva evidente la possibile chiusura da un giorno all’altro. Ma quando, uscito da quella fase, è stato lanciato come prodotto usabile, l’orizzonte temporale è diventato indefinito.
Ecco, forse quello che manca è chiarezza tra prodotti destinati all’uso e prodotti sperimentali: si è persa la distinzione. Forse perché, in casa Google, questa chiarezza non c’è più.
E voi, vi fidate ancora (o vi siete mai fidati) della longevità dei prodotti Google?
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