Vi riporto nell’articolo di oggi un’interessante analisi sull’impatto negativo che un modello di sviluppo condiviso tra Windows e GNU/Linux potrebbe avere sul mondo open source. La discussione nasce a seguito delle recenti dichiarazioni di Intel circa le percentuali di cross OS code reuse in alcuni suoi driver video. Un approccio che andrebbe ad impattare negativamente sul pinguino, aumentandone la frammentazione del codice e la sostenibilità nel lungo periodo.
Intel ed il cross OS code reuse
David Airlie lavora presso Red Hat come manutentore del componente DRM per il kernel Linux. In passato si è occupato anche della libreria grafica Mesa, ed è stato tra i fondatori dei driver Radeon Vulkan RADV. Per capire le ragioni che lo hanno spinto a pubblicare questo post (che vi invito a leggere) sul suo blog ufficiale, dobbiamo fare un passo indietro.
Pochi giorni fa, infatti, Intel ha tenuto una conferenza per la presentazione delle GPU per data center basate su microarchitettura Xe-LP. Il colosso dei microprocessori ha dichiarato che, allo stato attuale, i propri driver per Windows e per GNU/Linux condividono circa il 60% del codice di base. Una percentuale che in soli due anni è aumentata in maniera importante. Intel è entusiasta di questo risultato. In particolare ha sottolineato anche una maggiore aderenza dei risultati raggiunti da Windows e GNU/Linux, sia nel calcolo computazionale che nel rendering tridimensionale.
La condivisione del codice deve partire dall’open source
Airlie ritiene che, nonostante gli entusiasmi di Intel circa questi risultati, questo approccio produca un impatto negativa per il mondo Linux. In particolare, afferma che questo comportamento è posto in essere da Intel per i propri interessi e non per offrire valore aggiunto alla comunità open source. Dal punto di vista di un fornitore di hardware, infatti, sussistono evidentemente maggiori vantaggi nella creazione di una singola piattaforma condivisa tra Windows e Linux, cosa che permetterebbe di massimizzare il ritorno sull’investimento anche grazie ai conseguenti risparmi economici.
Airlie, quindi, critica l’approccio attualmente impiegato dai grandi fornitori hardware come Intel, che non riescono a capire il vero valore della community. Sarebbe preferibile, infatti, vedere le aziende prendere maggiormente sul serio la condivisione del codice e il contributo da parte della community. Un giusto modello di sviluppo, infatti, dovrebbe partire dai progetti open source esistenti, creandovi attorno una comunità collaborativa, per adattarli poi a Windows ed agli progetti closed source in generale.
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