Vi abbiamo parlato delle distribuzioni Linux più utili per resuscitare PC vecchi e delle distribuzioni più utili da avere su pendrive; ma mai prima d’ora ci siamo addentrati nell’argomento distribuzioni Linux più usate!
In questo articolo troverete la lista delle prime dieci della classifica: ciascuna distribuzione sarà accompagnata da una descrizione sommaria, con tanto di pro e contro.
Prima di continuare, sappiate che tale classifica non esprime preferenza né grado di utilità e fa capo al solo “posizionamento” in una classifica basata sull’utilizzo. Ciò significa, dunque, che l’ultima in classifica potrebbe essere migliore della prima per alcuni scenari, peggiore per altri, e via dicendo.
Premessa: non esistono dati ufficiali che possano testimoniare con sicurezza il livello di diffusione di ciascuna distribuzione. Utilizzeremo come classifica di riferimento quella fornita da distrowatch.com, che riteniamo essere attendibile.
Detto ciò, vediamo quali sono ad oggi le distribuzioni Linux più usate e più diffuse al mondo!
Distribuzioni Linux più usate
1 – Linux Mint
Venuta alla ribalta in tempi “relativamente” recenti, Linux Mint nasce come fork ancora più “user friendly” di Ubuntu, per poi diventare una distribuzione con una propria identità, una propria filosofia e propri repository.
Linux Mint, in tutte le sue salse (che vedremo tra breve), è estremamente semplice da installare, configurare e personalizzare, grazie anche agli strumenti integrati disponibili.
I desktop caratteristici di Linux Mint sono due: Cinnamon, nato come fork di GNOME 3 ma oggi del tutto indipendente da esso e MATE, fork di GNOME 2.x che ne eredita appieno la leggerezza e la semplicità. Il pregio di Linux Mint, che per molti è anche il suo più grande “difetto”, è quello di essere pronta all’uso anche per i cosiddetti “tecnologicamente imbranati”: questo grazie alla presenza di software e driver non-free preinstallati, compromesso che non tutti sono disposti ad accettare.
La distribuzione, grazie alla presenza di programmi quali LibreOffice, Firefox e tanti altri, può essere usata “out of the box”.
Linux Mint è una distribuzione basata sul core di Ubuntu, a rilasci regolari; il team di sviluppo ragiona essenzialmente su ciò che l’utente vuole, lasciando un attimo in secondo piano l’upstream e la risoluzione dei problemi di sicurezza – patch “ereditate” senza troppo segreto dalla distribuzione madre.
Linux Mint è disponibile in diversi flavor, differenti l’un l’altro per il desktop e la suite software di accompagnamento, che sono:
- Linux Mint Cinnamon;
- Linux Mint MATE;
- Linux Mint KDE;
- Linux Mint Xfce.
Linux Mint è disponibile anche in versione Debian-based: si chiama LMDE (Linux Mint Debian Edition), può essere scaricata con i desktop Cinnamon o MATE, ha un set di funzionalità molto più ristretto e non è compatibile con i PPA.
DOWNLOAD | Linux Mint
Curiosità: Linux Mint ha detronato Ubuntu dal primo posto soltanto da poco più di un anno.
2 – Ubuntu
Ubuntu è stata in cima alla top ten delle distribuzioni Linux più usate per tanto, tanto tempo, per poi venir superata soltanto in tempi recenti da Linux Mint. Il perché lo capiremo tra breve.
Nata esattamente 16 anni fa (20 ottobre 2002), Ubuntu ha come obiettivo principale portare Linux alle masse. Si tratta infatti di una distribuzione fortemente pensata per essere efficiente ma allo stesso tempo molto semplice da utilizzare.
Di proprietà di Canonical, Ubuntu è basata sul ramo Debian Sid e da essa eredita la maggior parte dei pacchetti, tuttavia grazie alle patch, alle correzioni ed alle numerose ottimizzazioni, è da ritenersi tutt’altro che “unstable”. Dopo aver abbandonato GNOME 2.x diversi anni fa, il desktop principale di Ubuntu è una soluzione sviluppata internamente che prende il nome di Unity, pensata per far convergere desktop, tablet e smartphone in una sola interfaccia. Il gestore pacchetti, ereditato da GNOME e semplicissimo da usare, altro non è che un front-end grafico per apt.
Anche se non lo si può affermare con certezza, potrebbe essere stato proprio questo il motivo del calo di interesse (e della conseguente perdita del primato) verso la distribuzione: la strategia di Canonical ha messo in primo piano lo sviluppo di un nuovo desktop, Unity 8, affiancato a versioni di Ubuntu per smartphone, tablet e IoT. Progetti che ad oggi avanzano ma che non hanno ottenuto il successo né i riscontri sperati ma che hanno contribuito alla “messa in secondo piano” del ramo desktop della distribuzione.
Detto ciò, Ubuntu è un sistema che si presta ad essere usato su workstation (Desktop), su server (Server) e su infrastrutture cloud (Cloud); proprio da questi ultimi due settori Canonical trae “il sostentamento” per mandare avanti la distribuzione.
Oltre alla distribuzione principale, Ubuntu vanta una vera e propria famiglia di spin – differenti tra loro principalmente per desktop e parco software. Esse sono:
- Kubuntu (desktop KDE Plasma);
- Xubuntu (desktop Xfce);
- Lubuntu (desktop Lxde/LxQT in via sperimentale);
- Ubuntu GNOME (desktop GNOME);
- Ubuntu MATE (desktop MATE);
- Ubuntu Kylin (specializzato per la Cina);
- Ubuntu Studio (per la produttività multimediale).
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3 – Debian
E’ una delle distribuzioni madre più longeve di tutte! Nasce nel 1993 dalla mente di Ian Murdock e, sebbene inizialmente la struttura della distribuzione non piacesse molto, i fatti si son rivelati favorevoli – dopo oltre vent’anni Debian è ancora qui, attivamente sviluppata.
Ad oggi Debian è sviluppata da circa 1000 volontari; è basata sul sistema di gestione pacchetti APT e può vantare, nei suoi repository, una somma di pacchetti che sfiora le 50000 unità. Questo la rende estremamente flessibile e adatta a diversi scopi – dal server alla batteria di server, passando per la workstation e per i “piccoli” come i RaspberryPI.
E’ proprio questo aspetto a farne una delle distribuzioni Linux più usate di sempre, tra l’altro alla base di decine e decine di derivate (Ubuntu e Linux Mint prime tra tutte).
Parlando di configurazione ed installazione, Debian non è molto adatta ad utenti novizi; d’altra parte ciò rappresenta quasi un pregio in termini di stabilità: una volta installata e configurata, difficilmente la distribuzione soffre di problemi dovuti ad instabilità ed incompatibilità software, spesso invece riscontrabili in altre distribuzioni.
Abbastanza complessi da comprendere, almeno inizialmente, i meccanismi alla base di sviluppo dei tre rami differenti di Debian: sid (o unstable), testing e stable. Potrete approfondire l’argomento dando un’occhiata al nostro articolo dedicato.
Il fatto di avere tanti rami di sviluppo rende Debian una dlele distribuzioni meglio testate e con meno bug disponibili sulla scena; l’altra faccia della moneta è però la lentezza con cui il ramo stabile viene aggiornato: Debian Stable viene rilasciata semplicemente “quando è pronta”, ciò significa che possono passare anche 2 o 3 anni tra una versione e l’altra.
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4 – Mageia
Mageia nasce come fork di Mandriva – defunta ufficialmente lo scorso anno – che a sua volta nacque dalle ceneri di Mandrake Linux. Dunque, anche se datata 2010, anche Mageia trova origini quasi vent’anni fa – nel lontano 1998. Mageia ad oggi è gestita interamente da una comunità di volontari.
Nasce come una distribuzione user-friendly, con target principale gli utenti desktop. Può vantare software sempre aggiornato, un installer particolarmente potente ma semplicissimo da usare, un gestore pacchetti basato su RPM (Rpmdrake) che dice la sua e, soprattutto, un ottimo centro di controllo che permette di personalizzare il sistema nei dettagli senza toccare il terminale.
Mageia è disponibile in versione KDE o GNOME (anche con immagini Live), ha un ciclo di sviluppo stabile della durata di nove mesi per versione.
Se vogliamo trovarvi un difetto questo è la comunità di sviluppo: sebbene fino ad oggi si sia rivelata attiva, la mancanza di una struttura centralizzata alle spalle potrebbe provocarne l’abbandono nel lungo termine. Ma, ad onor del vero, non sembra ciò possa succedere in tempi vicini.
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5 – Fedora
Fedora è LA distribuzione “free” per eccellenza: niente codec, niente software non-free, niente driver pre-installati, niente di niente. Una manna dal cielo per i puristi!
Fedora trova origini nel 1995, quando venne al mondo una distribuzione server-oriented dal nome Red Hat, che due anni dopo avrebbe introdotto il gestore pacchetti RPM.
Ma nel 2003 le cose cambiano: l’azienda Red Hat decide di registrare l’omonimo marchio e di introdurre prodotti commerciali, come RHEL (Red Hat Enterprise Linux); per “accontentare” chi invece usava Linux solo per hobby, Red Hat introdusse una distribuzione dal nome “Fedora Core” – che sarebbe poi diventata soltanto Fedora.
In altre parole, Fedora è la continuazione naturale di Red Hat Linux. La distribuzione adotta il sistema di gestione pacchetti dnf, dopo aver abbandonato Yum; anche dnf è basato su RPM.
Fedora può essere facilmente adattata sia ad ambienti desktop che ambienti server, sebbene sia nata espressamente per questi ultimi; ad oggi il suo sviluppo è ancora controllato da Red Hat. Tra i pregi di Fedora c’è il grosso contributo upstream allo sviluppo di kernel, librerie glib, ambienti di virtualizzazione ed in generale aspetti “core” dell’ambiente Linux.
Se vogliamo trovarle un difetto, per quanto il team si sforzi Fedora su desktop continua a tossire qui e là, sebbene si riveli una distribuzione estremamente stabile se ben configurata. Anche Fedora ha ciclo di sviluppo fisso, che risente piuttosto spesso di ritardi sparsi qui e là…
Le immagini di Fedora sono disponibili con desktop GNOME, KDE Plasma, LXDE, MATE ed Xfce.
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6 – OpenSuSE
Il percorso di openSuSE, in qualche modo, è stato lo “opposto” rispetto a quello di Fedora: la distribuzione nasce come prodotto commerciale (SuSE) nel 1996; dopo una serie di passaggi di mano (acquisita da Novell nel 1993 e venduta ad Attachmate nel 2010), viene distribuita pubblicamente ed aperta anche alla comunità sotto il nome di OpenSuSE. La distribuzione diventa così completamente free e fa da base per i prodotti commerciali Novell – come SLED e SLES.
Si tratta di una distribuzione nata con il chiaro intento di essere user-friendly e di girare su ambienti desktop; la gestione dei pacchetti è affidata a RPM, e l’intera gestione e configurazione della distro avviene per “mano” dell’ottimo gestore grafico YaST – rilasciato sotto licenza GPL.
OpenSUSE è disponibile in salsa GNOME e KDE, può essere scaricata o acquistata (con tanto di scatola e manuale di istruzioni) ed è dotata di tantissimo software preinstallato. E’ forse proprio questo il difetto della distribuzione: troppo software, tanto da farla risultare troppo spesso “pesante”.
OpenSuSE ha però un lato oscuro: un accordo siglato nel 2006 tra Novell e Microsoft, una sorta di “scambio collaborativo” (che ha messo Microsoft nella potenziale posizione di poter reclamare diritti di proprietà intellettuale, sebbene ciò non sia mai successo), ha fatto storcere il naso a molti, deviando il loro interesse verso altre distribuzioni.
Un accordo che probabilmente oggi non farebbe scalpore: basti pensare che, ai giorni nostri, Ubuntu è praticamente integrato in Windows 10.
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7 – ArchLinux
ArchLinux è la distribuzione da smanettoni (quasi) per eccellenza. E’ la prima della nostra lista che segue l’approccio rolling-release – ovvero, il sistema operativo e tutti i suoi pacchetti vengono aggiornati di continuo ad ogni piccolo avanzamento di versione disponibile.
Ciò significa avere a bordo software sempre aggiornato e all’ultimo grido, che però porta con sé due grossi svantaggi. Il primo è proprio la potenziale comparsa di incompatibilità (che i poco avvezzi potrebbero non essere in grado di risolvere); la seconda, invece, corrisponde al rischio di rompere completamente il sistema se lo si aggiorna dopo troppo tempo. Nulla di non risolvibile con qualche comando assestato qui e lì ma, ancora una volta, per i poco pratici potrebbe essere difficile.
ArchLinux usa il gestore pacchetti pacman (.tar.xz), con la possibilità di attingere anche dall’immenso repository AUR, dove gli utenti caricano pacchetti applicativi (per la maggiore aggiornatissimi).
ArchLinux non dispone (più) di un installer grafico e l’intera procedura va effettuata combinando la linea di comando con semplici finestre generate tramite le librerie di base ncurses. Due i grandi pregi di questa distribuzione: la flessibilità estrema e la grande community di utenti alle sue spalle. Degna di nota anche la documentazione, davvero ben fatta, che con un po’ di impegno può guidare anche un utente non proprio esperto nel mondo di questa complessa ma affascinante distribuzione.
E’ possibile scegliere desktop e parco applicativo durante l’installazione di ArchLinux.
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8 – CentOS
CentOS è una delle distribuzioni server più usate in circolazione. Il progetto nasce nel 2003 con l’intento di trasformare il sorgente di RHEL in una distribuzione installabile, completamente open source, eliminando i loghi e i dettagli coperti da brevetto di Red Hat.
In altre parole, CentOS è un clone open di Red Hat Enterprise Linux; ciò però non significa che, nonosante la differente natura, ci si faccia la guerra: alcuni sviluppatori di CentOS sono in stretto contatto con il team di Red Hat, se non addirittura impiegati nell’azienda.
Trattandosi di una distribuzione server, gli sviluppatori di CentOS mettono al centro la stabilità: seppur gestita da volontari, CentOS viene vista come un degno sostituto di RHEL; la distribuzione è sottoposta a lunghi periodi di testing, che sfociano in nuove versioni in periodi che variano dai 2 ai 3 anni. Il supporto generalmente è offerto per un periodo che va dai 5 ai 10 anni.
Ciò significa, esattamente come già visto con Debian, che CentOS non è la soluzione adatta a chi cerca funzionalità all’ultimo grido poiché, per preservare la stabilità, alcune feature potrebbero restare alquanto “arretrate”. Ciò nonostante, esistono dei repository contenenti le ultime versioni di pacchetti core ed applicativi – repository non attivi per impostazione predefinita, poiché potrebbero intaccare la stabilità del sistema. Il gestore pacchetti è Yum, RPM-based.
Sebbene tra gli obiettivi della comunità di sviluppo vi sia quello di garantire la sicurezza, non sempre gli aggiornamenti in tal senso sono istantanei.
Installare CentOS non è particolarmente complesso, complessità che invece si riscontra nella configurazione; sebbene non presente di default, è possibile installare in un secondo momento anche un ambiente destkop e programmi GUI-based.
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9 – PCLinuxOS
PCLinuxOS nasce con l’intento di diventare una distribuzione Linux user-friendly e, in realtà, ci riesce piuttosto bene!
Sconsigliata assolutamente ai puristi, essa include il supporto ai moduli del kernel proprietari (i cosiddetti driver closed-source), include codec multimediali (free e non free), plugin per browser e tutto ciò che può far trovare a suo agio un utente proveniente da Windows.
Si tratta di una distribuzione basata sul desktop KDE, completamente gestita dalla comunità; tra i suoi repository sono disponibili anche altri ambienti desktop e numerosi programmi grafici, nulla da invidiare ad altre distribuzioni più blasonate.
Troviamo a bordo di PCLinuxOS il gestore pacchetti APT, con front-end grafico Synaptic, ed un centro di controllo del tutto simile a quello di Mageia (ex Mandriva).
Nonostante questi pregi, PCLinuxOS non ha avuto il forte successo caratteristico invece delle sorelle Linux Mint e Ubuntu; il motivo principale è la modalità di gestione degli aggiornamenti e dei rilasci: gli sviluppatori adottano un approccio “conservatore”, il che significa che per introdurre nuovi aggiornamenti e funzionalità potrebbe passare troppo, troppo tempo (basti pensare che il primo rilascio a 64 bit risale “soltanto” al 2013).
Non vengono infine implementati avvisi di sicurezza che inducano all’aggiornamento di sistema e pacchetti installati: sta all’utente ricordare di aggiornare periodicamente il sistema. Manca inoltre il supporto di default a lingue differenti dall’inglese.
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10 – Slackware
Ricordo dell’autrice: la prima distribuzione Linux che ho usato è stata proprio Slackware. Circa 17 anni fa.
Slackware è la più longeva in assoluto tra le distribuzioni Linux. Le sue origini risalgono al 1992, quando fu per la prima volta distribuita sulla bellezza di 24 floppy disk.
La storia ci dice che nel 1995 era una delle più installate distribuzioni Linux, trend poi crollato drasticamente con l’ascesa delle distribuzioni user-friendly.
Perché Slackware, diciamocelo, user-friendly non lo è per nulla: estremamente stabile, pulita e con pochissimi bug, l’installazione di Slackware avviene in modalità semi-testuale (con menu scritti in ncurses) e la configurazione avviene quasi del tutto tramite modifica diretta dei file.
E’ possibile scegliere un ambiente desktop all’atto dell’installazione (tra KDE, GNOME e Xfce), non esiste un vero e proprio meccanismo d’aggiornamento centralizzato (gli update vengono applicati per lo più a manina, con procedure molto complesse). I pacchetti caratteristici di Slackware sono compressi in formato .txz ed installabili tramite un piccolo software CLI-based, tale pkgtool.
Insomma Slackware è una distribuzione minimalista, stabile ed esente da bug; forse un po’ troppo riduttiva per gli ambienti desktop ma ancora usatissima nell’ecosistema server. Ciò non toglie che Slackware è alla base di numerose soluzioni personalizzate.
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L'articolo Le distribuzioni Linux più usate: ecco la top ten appare per la prima volta su Chimera Revo - News, guide e recensioni sul Mondo della tecnologia.
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