In passato avevamo già accennato alla questione Open Source per l’amministrazione pubblica, prima del governo americano e, più recentemente, di una petizione della FSFE rivolta alla Comunità Europea.
Anche l’Italia sta cercando di muoversi in questa direzione
Di recente infatti, l’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale), ha comunicato per la notifica in Gazzetta Ufficiale, le nuove linee guida per l’acquisizione e riuso di software per le pubbliche amministrazione.
In questo documento si invita la Pubblica Amministrazione a preferire l’utilizzo di software open source rendendolo disponibile sotto licenza open.
Una piccola (grande) postilla: non è e non sarà un obbligo utilizzare software open source ma ora le amministrazioni dovranno motivare per iscritto la scelta dell’utilizzo di software proprietario o di codice nuovo.
Nel caso dovesse essere scelto di sviluppare codice da zero, subentra l’obbligo di rendere disponibile il codice tramite una licenza open source ed accessibile tramite repository pubblici.
Il progetto dovrà poi essere censito su Developers Italia, portale dedicato al software per PA, ed includere una serie di informazioni tra cui:
- funzionalità
- requisti
- chi è il maintainer e fino a quando sarà fornito supporto
- ambiti di utilizzo
- riferimenti normativi
Se questo sistema e forma mentis dovessero (finalmente) prendere piede, inutile ribadire quanto denaro pubblico sarebbe possibile risparmiare oltre al fatto di non vincolarsi a quelle tante (troppe) software house che restano in piedi solo ed esclusivamente grazie a software blindato che solo loro sono in grado di mantenere e che le PA non possono permettersi di cambiare.
Se foste interessati ad approfondire la questione, questo è il PDF completo di quanto rilasciato da AgID.
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