Seppur non molto diffusi qui da noi, in altri paesi (come gli Stati Uniti, ad esempio), i Chromebook fanno parecchia presa, grazie soprattutto alla grande disponibilità di connessioni wifi sul territorio ed al costo -generalmente- ridotto dei dispositivi.
Questi computer portatili eseguono il sistema operativo Chrome OS che, pur essendo derivato da Gentoo Linux, è parecchio chiuso in termini di quello che ci si può fare, limitando l’esecuzione del browser Chrome e delle applicazioni create per esso.
Si è perciò sempre cercato di poter “sbloccare” il sistema per avere un qualche accesso privilegiato all’esecuzione anche di applicazioni non presenti sul Chrome Store di Google, al fine di ottenere un vero e proprio “computer” da quello che è poco più di un dispositivo mobile (peraltro limitato).
In passato vi abbiamo già parlato di come si fossero trovati piccoli strascichi nel software che indicavano la volontà da parte di Google di ampliare le possibilità del sistema (come, ad esempio, l’esecuzione nativa di container), ma generalmente per avere qualcosa di più malleabile e personalizzabile ci si è sempre rivolti a soluzioni terze, come ad esempio Crouton.
Nonostante queste soluzioni permettano di ottenere i risultati sperati (Crouton, di base, permette di creare ambienti in chroot contenenti distribuzioni Debian/Ubuntu per l’esecuzione di software Linux non disponibile nello store di Google) spesso hanno facce della medaglia abbastanza difficili da accettare; uno di questo, in genere, è la necessità di attivare il “Developer Mode” del Chromebook che interrompe gli aggiornamenti del sistema (rendendolo poco sicuro), riduce la durata della batteria (lanciando una serie di processi aggiuntivi) e, in molti casi, richiede un piccolo intervento hardware per la sua attivazione (con tutti i rischi del caso). I vantaggi sono parecchi, però, e le persone spesso accettavano tutto questo in favore di un maggior controllo sul sistema.
Gli sviluppatori di Mountain View probabilmente si stanno rendendo conto di quanto queste feature siano richieste e, negli ultimi commit nel codice di ChromiumOS (la versione open-source di ChromeOS) è iniziato ad apparire il nome di Project Crostini, un metodo nativo per lanciare macchine virtuali Linux su Chrome OS.
Attualmente non è ancora stato comunicato nulla di ufficiale da Google, ma la presenza di quel codice e l’aggiunta di una voce “Better Together” che lo attiverebbe in una schermata delle configurazioni di Chrome OS, farebbe pensare che a breve ci sarà anche questa possibilità.
Chissà, magari nel Google I/O di quest’anno verrà annunciata ufficialmente. Saranno da valutare anche questi dispositivi in futuro?
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