Reduce dall’OpenStack day italia 2018 tenutosi ieri in quel di Roma ho la testa piena di informazioni. OpenStack, si sa, è una piattaforma, un trampolino, di fatto uno strumento per fornire l’infrastruttura sulla quale posizionare le proprie applicazioni e i propri servizi.
Lo so, niente di nuovo sotto il sole in termini di definizioni. Infatti in questa chiacchierata di sabato vorrei concentrare l’attenzione sull’altra parte della barricata, quella per cui OpenStack costituisce la base: le applicazioni.
Si fa un gran parlare della metodologia Devop, di come sia possibile adottare determinati approcci per far sì che il ciclo di vita delle applicazioni sia lineare, facile da gestire e via dicendo… insomma, letteralmente, una passeggiata.
La domanda, a questo punto: ma queste applicazioni esistono già oppure siamo ancora in fase di adozione della metodologia DevOp e quindi ci sarà ancora da aspettare?
Perché se le infrastrutture (OpenStack in questo caso, ma anche Kubernetes per esempio) sembrano decisamente pronte, le applicazioni tendono ad essere indietro. La scalabilità per esempio. È ancora una chimera pensare di avere applicazioni che non necessitino di alcun intervento manuale per raddoppiare, triplicare o decuplicare il carico supportato e ritornare ad essere una singola istanza ad emergenza passata?
Non si sta parlando di metodologie, su quelle c’è ormai un’ampia letteratura, ma di applicazioni vere e proprie. In conclusione, queste applicazioni, le nostre applicazioni… Lo meritano il cloud?
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