Per iniziare, consigliamo di indossare le cuffie e leggere l’articolo ascoltando Never Ending Story, il brano di Limahl del 1984.
Già, perchè a distanza di anni, il caso SCO vs IBM, famoso per aver tentato di impattare su tutti gli utenti Linux, è ancora aperto.
Tutto iniziò nel Maggio 2001 quando SCO rilasciò il “Monterey operating system”, un sistema UNIX pensato per i processori Power di IBM, che però non ha mai preso piede poiché mancava completamente di un compilatore, rendendo impossibile portare software su quella piattaforma.
Lo stesso giorno IBM rilasciò una nuova versione di AIX, il suo sistema proprietario per la stessa architettura; da allora SCO ha iniziato ad affermare, con tanto di causa legale annessa, che IBM gli avesse rubato l’intero sistema operativo, ribrandizzandolo per suo uso.
Il discorso è andato avanti fino al 2003, quando SCO (ai tempi si chiamava Caldera Systems) ha iniziato ad accusare IBM di aver inserito nella codebase del kernel Linux buona parte dello UNIX System V, sistema operativo di proprietà proprio del gruppo SCO, affermando che la presenza del suo codice proprietario all’interno del kernel open source svalutava il suo codice: rendendo il codice sorgente disponibili, IBM aveva violato l’accordo di licenza stipulato con la stessa SCO. Nel frattempo, il gruppo SCO andava in bancarotta, e per non farsi mancare nulla ha iniziato ad affermare che chiunque usasse Linux gli dovesse dei soldi.
Fummo salvati da Novell, che riuscì a dimostrare la sua proprità del codice incriminato, rendendo di fatto non perseguibili gli utenti del kernel di Torvalds.
La cosa é andata avanti e, nonostante la morente SCO continuasse a provare la sua ragione, l’anno scorso il giudice David Nuffer ha dato contro alla stessa, in due ordinanze in cui rifiutava una modifica che SCO richiedeva alla sua prima denuncia contro IBM. Ovviamente l’appello è stato immediato, e ci si è rimessi in mano alla burocrazia.
Qualche giorno fa la Corte degli Appelli Statunitense ha approvato la modifica richiesta da SCO, rimuovendo i due ordini dati dal giudice lo scorso anno.
Adesso il tutto tornerà in mano al giudice Nuffer, e continueremo a sentire parlare di questa storia ancora per un po… tenete in caldo i pop corn.
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