Oramai qualsiasi sistema operativo fornisce out-of-the-box una qualche sorta di store, ovvero un software dal quale ricercare, scaricare, installare e tenere aggiornate le applicazioni sul proprio sistema.
Siano essi OS per computer (Linux, Windows, macOS) o per dispositivi mobile (Android, iOS), lo “store” è una di quelle feature che, praticamente, ci si aspetta di trovare e, di base, questa soluzione porta vantaggi sia agli utenti, che dovrebbero essere tranquilli nello scaricare un’applicazione che in qualche modo è stata validata dall’azienda (grossa) che gestisce lo store, sia agli sviluppatori che non devono occuparsi di gestire lato applicazione delle logiche per avvisare l’utente di un aggiornamento disponibile.
Di fatto questo sistema funziona molto bene, ed oramai questi big basano un’ottima parte del loro fatturato sui proventi provenienti da questi store.
Delle volte però, data la mole di contenuti che devono essere gestiti da queste aziende, capita che qualche “sviluppatore” furbo e con pochi scrupoli sfrutti la leggerezza con cui l’utente scarica ed installa questi software da questi store, e che queste applicazioni passino inosservate -almeno per un pò di tempo- nel mare di altre applicazioni pubblicate quotidianamente.
Seppur in questo articolo andiamo a parlare del Windows Store, ovvero quello fornito agli utenti dei sistemi operativi di Microsoft, la vicenda tocca da vicino un software a noi -utenti del pinguino- molto caro: LibreOffice.
Già perchè la suite office libera per antonomasia si è vista pubblicata proprio su questo store, al costo di $2.99 dollari.
Ora, seppure per gli strumenti che offre potrebbe avere senso pagare quella cifra, il problema è che questa versione di LibreOffice è stata pubblicata da uno sviluppatore anonimo, non parte del team dietro al progetto LibreOffice e che, fondamentalmente, sta cercando di fare soldi in maniera illegale su un tool open source.
Italo Vignoli, uno dei co-fondatori di TDF (The Document Foundation, l’organizzazione responsabile di LibreOffice) ha commentato quanto segue:
The Document Foundation has been made aware of an unofficial version of LibreOffice on the Windows Store. We are investigating further, but we want to be clear: this is not an official version created by The Document Foundation, so the app’s page is misleading. The only official source of the software (which can be downloaded for free, i.e., without any cost for the end user) is LibreOffice website. Also, the money from the Windows Store version is not collected by The Document Foundation.
The Document Foundation è stata messa a conoscenza di una versione non ufficiale di LibreOffice sul Windows Store. Stiamo investigando, ma vogliamo essere chiari: questa non è una versione ufficiale creata dalla The Document Foundation, quindi la pagina dell’applicazione è fuorviante. L’unica sorgente ufficiale del software (che può essere scaricata liberamente, senza alcun costo per l’utente finale) è il sito web di LibreOffice. Inoltre, i soldi per la versione del Windows Store non sono ricevuti dalla The Document Foundation.
L’applicazione è ancora presente sullo store (ma non vi forniremo il link), l’ovvio consiglio è quello, nel caso utilizzate sistemi Windows, di non scaricare questa versione ma di fare riferimento al sito ufficiale; seppur, teoricamente Microsoft esegua scansioni di sicurezza su tutti i software prima della pubblicazione sul suo store, non si può essere sicuri al 100% che, oltre a dover pagare un intermediario improvvisato e non ufficiale che non ha contribuito in alcun modo al software, questa versione non contenga anche qualche altra sorpresina (i miner di cryptovalute vanno così di moda in questo periodo).
E se pensate che LibreOffice valga quella cifra, o anche qualcosina in più, loro stessi -come molti software open source- forniscono una pagina per le donazioni, in cui potrete concretamente far sapere agli sviluppatori che apprezzate il loro lavoro e contribuire alla crescita di questo software che, in fin dei conti, molti di noi usano tutti i giorni.
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